Mâ Anandamayî, una tradizione di gioia

(‘L’India interiore’ p. 353 - 361)

Oggi giorno, molti cercatori spirituali in Occidente s’interrogano in quanto alla tradizione : fino a che punto è necessaria per lo sviluppo interiore, in che misura può anche diventare una limitazione, un condizionamento, se non addirittura una causa di oscurantismo e di fondamentalismo ?  Mâ Anandamayî è l’esempio stesso di una tradizione vissuta nella gioia, la piena coscienza e che si è aperta per Lei nella Liberazione. E’ questo che mi ha portato, senza dubbio, a seguire il suo insegnamento per diciotto anni, tramite il suo vecchio discepolo francese, Vijayânanda. Il  nome stesso di Anandamayî significa ‘impregnata, penetrata’ e Jean-Claude Marol lo traduce così : ‘Saturata di gioia’ (ânanda). Diceva Lei stessa che non aveva altri insegnamenti che quello dei ‘rishi’ e dei ‘muni’, e cioè degli antichi saggi dell’India. Sapeva comunicare quest’insegnamento che aveva realizzato con gioia, amore e saggezza. Incarnava l’India interiore.

E’ nata nel 1896 (mille ottocento novanta sei) in un villaggio dell’attuale Bangladesh, Kheora. Sono andato a visitarlo qualche anno fa. Era circa un secolo dopo la sua nascita. Ancora non c’erano strade per arrivarci venendo dalla capitale. Bisognava prendere piccoli sentieri e passare i muretti di numerose risaie. Malgrado ciò c’era una scuola tenuta da un discepolo di Mâ Anandamayî, che contava circa settecento allievi. E’ uno dei paradossi del Bangladesh. Maritata all’età di tredici anni, come si usava a quell’epoca, ne aveva quarantuno quando morì suo marito. Primo testimone della sua trasformazione interiore, quest’ultimo era presto diventato il suo discepolo. Essendo stata precocemente e totalmente assorta nella sua sâdhanâ, il suo matrimonio non fu mai consumato. Dopo qualche tempo lo sposo decise di adottare una delle proprie pronipoti, Maroni, di cui Mâ si occupò spesso dall’età di cinque anni fino all’età di quindici, quando la fanciulla si sposò. Per anni ho visto Maroni all’ashram di Kankhal dove ha trascorso la sua vecchiaia fino alla sua morte nel 1998 (mille novecento novantotto). Maroni era l’esempio stesso della semplicità e si sentiva in lei una grande dolcezza accompagnata da una vera presenza.

Da giovane, Mâ ha lavorato molto per la sua famiglia nel senso largo, come lo vuole l’usanza per le giovani spose nella società indiana. Eppure per cinque anni è rimasta nel silenzio, pur continuando a servire il suo ‘entourage’, cosa non proprio banale. Non ha mai avuto un gurù e non dava iniziazione. Quando, per via eccezionale, dava un mantra, non mancava di precisare ai nuovi iniziati, che non era il loro gurù. C’era dietro a quest’ attitudine, alla base, l’esperienza vedantica dell’unità completa con gli altri, dove non è più questione di differenze gerarchiche, di dualità tra gurù e discepolo. C’è anche una psicologia sottile : troppo spesso in India, l’iniziazione è sentita come una specie di nomina ad un posto di funzionario a vita e la gente pensa che con un rituale formale uno si assicura il cielo. Invece di stimolare la loro sâdhanâ, quell’iniziazione tende piuttosto ad addormentarla. Mâ voleva evitare questo scoglio facendo notare alla gente che il fatto di essere discepolo suo non era un rituale. Dovevano impegnarsi a seguire il suo insegnamento giorno per giorno e avere un comportamento all’altezza di quello che Lei chiedeva. Non faceva mai discorsi e se le si chiedeva qual era il suo messaggio rispondeva che non ne aveva. In compenso impegnava molto di suo tempo a rispondere alle loro domande. Sempre il livello delle domande generava spontaneamente in Lei una risposta adatta, allo stesso modo che il suono che esce da uno strumento musicale dipende dalla maniera di suonare quello strumento. All età di trent’anni circa, smise di nutrirsi con le proprie mani. Erano i suoi familiari ad alimentarla. Tutti questi punti indicano uno stesso centro, l’assenza dell’ego, espressa nello spessore stesso della vita e l’insieme delle relazioni quotidiane. A questo proposito l’immergersi nei numerosi aneddoti della vita di Mâ costituisce un’esperienza che arrichisce particolarmente : aiuta a capire come si possono concretizzare le grandi verità del Vedânta nella vita pratica. Si spostava spesso e aveva per abitudine di non rimanere a lungo nello stesso posto. Come diceva Lei stessa era ‘come l’uccello sul ramo’. Scompariva per periodi più o meno lunghi, in genere accompagnata da una o più persone, e ricompariva in qualche altro luogo. In India è difficile, per una donna, viaggiare da sola.

A partire degli anni quaranta è stata, molto più di prima, in relazione con gli swâmi e i gurù dell’India di quell’epoca. I suoi programmi venivano annunciati in anticipo e moltissima gente la poteva venir a trovare. Però nell’insieme l’ambiente rimaneva famigliare anche se in certe occasioni migliaia di persone si riunivano in sua presenza. Gli occidentali sono spesso ansiosi di aver una spiritualità radicata nel mondo. Si può affermare che aveva quella spiritualità anche se, pur sposata, conduceva la vita da ‘rinunziante’, spostandosi spesse volte e fermandosi a vivere negli dharamshâla  e gli ashram. In India i rinunzianti hanno come regola di non abitare dalla gente sposata e Lei seguiva quella regola. Peraltro era in contatto con tante persone che venivano da Lei durante i suoi numerosi spostamenti, particolarmente  nei treni o le stazioni, poiché viaggiava tanto. E visto che a quell’epoca i treni avevano spesso un bel ritardo, era possibile avere degli incontri (satsang) di diverse ore con Lei sui binari o nelle sale di attesa. In India, negli anni trenta, spostarsi in treno, in scompartimenti con otto posti dove si ammucchiavano una ventina di persone, costituiva ‘l’esperienza di come radicarsi nel mondo’ che la maggior parte degli occidentali attuali non sarebbe in grado di sopportare, neanche per due o tre giorni. Eppure, in mezzo a quell’ indescrivibile confusione, Mâ era lì tranquilla, raggiante, luminosa, la coscienza al di là di tutto e allo stesso tempo totalmente presente.

Mâ non esprimeva pareri politici, però numerose personalità politiche la venivano a trovare, tra le quali la famosa Indira Gandhi. Spesso, tornando da un viaggio internazionale nelle veste di Primo Ministro dell’India, quest’ultima, prima di tornare a casa sua,  veniva a trovare Mâ direttamente dall’aeroporto nel suo ashram di Kalkajî, a sud di Delhi. Era come se volesse riprendere contatto con Madre India attraverso Mâ. Apparentemente parlava della sua vita spirituale con Mâ, e non di politica. In ogni modo, quali che siano stati gli argomenti discussi, il contatto c’era.

Mâ dedicava molto tempo ai colloqui privati. Molti sono gli occidentali che ne hanno tratto beneficio, anche se, spesso, non erano esperti nelle tradizioni dell’India e la loro mente come tutti noi, era sovraccarica di problemi umani e spirituali. Ebbene ricevevano da Lei un’energia diretta. Era una vera iniziazione, quell’impulso verso la vita interiore e la pratica di una sâdhanâ reale.

Mâ ha lasciato il suo corpo nel 1982 (mille novecento ottantadue). Prima, quando le si chiedevano delle direttive per il futuro, non rispondeva. Lasciava ai principali discepoli la libertà di scegliere la linea d’azione da seguire in funzione dell’evolvere delle circostanze, quel che era giusto di fare, poiché ad ogni modo questi sentivano chiaramente la sua presenza nel loro cuore. Spesso i cercatori spirituali riflettono per anni prima di trovare quale via devono seguire, tra quella della devozione e quella della conoscenza. Però Mâ esprimeva in termini molto semplici la confluenza delle due vie : ‘Quando uno conosce sé stesso realizza Dio e quando realizza Dio, conosce sé stesso’.

Mâ riuniva in modo del tutto naturale lo spirito tradizionale e la facoltà di apertura verso tutti. Viveva in una libertà fondamentale : nei suoi rapporti con la gente era l’umiltà stessa. All’inizio per esempio, un vecchio ‘brahmachârî’ aveva offerto la sua casa affinché Mâ e sua madre potessero vivere a Kankhal, casa intorno alla quale si sviluppò poi il suo più grande ashram. Ebbene Mâ presentava sempre quell’ uomo come l’ospite che la riceveva. Però, in fondo, era totalmente libera, non si prosternava, per esempio, davanti alle statue degli dei. E nell’ambiente vedantico dell’India questo non urtava la gente anche se pia. Spesso i capi di scuole religiose indù le facevano visita, però Lei non aveva bisogno di nessuno.  « Non cadete mai sotto l’influenza di qualcuno » raccomandava. Il

 suo discepolo francese Vijayânanda, ha passato diciasette anni praticamente solo in Himalaya, dedicandosi ad una pratica spirituale intensiva. Ha passato sei anni nell’eremitaggio dove sto scrivendo queste righe, non leggendo, ma meditando e camminando. Mâ è andata a trovarlo una sola volta per due giorni. Gli Occidentali rinfacciano al sistema indiano del gurù d’incoraggiare la dipendenza, ma molti di loro non sarebbero neanche capaci di passare nemmeno una settimana da soli di fronte a loro stessi senza rischiare qualche complicazione psicopatologica.

Mâ non chiedeva soldi neanche per le opere caritative. Però alla fine della sua vita ha dato un capitale ad ognuno dei suoi discepoli sannyâsi. Questi l’hanno accettato, tranne uno, per scelta di povertà. Il messaggio di Mâ era chiaro : se desiderate proseguire la vostra pratica indipendentemente dalla rete dei miei ashram (ce ne sono ventotto), vi do la vostra indipendenza, e lo potete fare. Aveva sufficientemente fiducia nei suoi discepoli per sapere che potevano seguire il suo insegnamento senza la stampella che costituisce una comunità. Raramente ho visto nel cristianesimo il fondatore di un ordine avere quest’attitudine. Preferiscono, in genere, che i discepoli rimangano insieme in comunità per seguire la disciplina che hanno stabilita.

Mâ non chiedeva mai agli Occidentali di convertirsi. Non li spingeva a praticare dei rituali mentre lo consigliava spesso agli indù. Parlava loro direttamente del Sé. Però non chiedeva neanche agli indù di convertirsi ad un’altra religione, non ne vedeva l’utilità. Un giorno un prete cattolico era venuto a trovarla a Vrindâvan e avevano parlato del rapporto tra le religioni. Mâ gli aveva detto : « Qui stesso a Vrindâvan, ci sono diversi gruppi di adoratori di Krishna, i Goswâmi, i Vallabhâchârya, ecc…ma non sentono di appartenere ad una religione diversa. Dal mio punto di vista, le differenze tra religioni sono così relative come le sfumature tra le sette di Vrindâvan ».

Mâ aveva un cognato che era sparito quando era giovane adolescente, portato via da un gruppo protestante. Era riapparso trent’anni più tardi, completamente ‘pastorizzato’ se così posso dire, cioè era diventato un pastore convinto…

Malgrado questo percorso piuttosto delicato per la famiglia – in Francia si sarebbe di certo gridato alla setta – Mâ ebbe un buon contatto con lui quando si sono rivisti a Calcutta. Globalmente il movimento di Mâ non è missionario. Di fatti è questo che mi ha attirato all’inizio. D’altro canto è stato solo quindici o vent’anni dopo la sua morte che i membri hanno pensato di stendere una lista delle persone che avevano preso l’iniziazione e cioè che si erano impegnate ufficialmente nel movimento. Il sistema degli ashram di Mâ è monastico. Si viene a visitarli quando lo si vuole. Quando un discepolo si sposta è solo in seguito all’invito di fedeli di qualche altro luogo.

Mâ diceva qualcosa di molto semplice ma severo a proposito della febbre che spinge molti a diventare insegnanti spirituali : « Quando si comincia ad insegnare, si smette di progredire ». In altri termini, il vero insegnante è quello che è in grado di dimenticare che è insegnante : non è facile…

Da ciò che conosco della storia dell’India, Mâ è stata la prima donna maestro spirituale conosciuta a sviluppare un movimento e una rete di ashram in senso proprio.

Non era una riformatrice, ha preso la tradizione dell’India così come l’ha trovata, non ha agito alla bell’e meglio, come l’ho ha anche detto il sociologo delle religioni F. Lenoir. Aveva una doppia vocazione : in ciò che riguarda gli indù, in particolare i bramini,  trasmettere questa tradizione che era stata provata nella sua forma completa ; e in ciò che riguarda tutti gli altri, inclusi gli Occidentali, ha rappresentato una possibilità di contatti diretti, tramite suo, con la realtà del Sé.

Un giorno, quando era bambina, è rimasta in estasi ascoltando i canti di missionari di passaggio. Settanta anni dopo fu invitata al Christ Sevshram, un ashram cristiano di Pooné. Mi hanno raccontato che Mâ quel giorno, era rimasta totalmente assorta per mezz’ora, di fronte al Santissimo Sacramento. Uscendo ha confidato : « L’esperienza che è cominciata ascoltando i canti dei missionari a Kheora, è stata appena completata ».

La quasi totalità (il novantacinque per cento) dei fedeli di Mâ era gente sposata, con una famiglia. Però in certi casi, quando c’era una vocazione sincera, incoraggiava alla vita di rinunziamento e d’ashram, e incitava ad un’attitudine di distacco totale dall’azione. Erano, queste, le regole tradizionali dell’India, Mâ non le aveva create. Per certi Occidentali queste regole hanno costituito un ostacolo fastidioso. In quanto a me devo dire che da diciotto anni che sono associato agli ashram di Mâ, in parte con la casa madre di Kankhal, a Hardwar, queste regole non presentano praticamente nessun problema.

Tra i visitatori e fedeli che circondavano Mâ, pochi erano veramente in grado di sondare la profondità della sua esperienza interiore. Ad ogni modo, ciascuno di loro, dopo un incontro con Lei, ripartiva con un gift of love ‘un regalo d’amore’ come diceva uno dei suoi fedeli indiano. Mâ, quando era nel suo corpo, aveva un potere particolare : poteva fare di qualcuno del tutto materialista un cercatore spirituale sincero. Si potrebbe ribattere che si trattava di una reazione emozionale. Ebbene no : decine di anni più tardi, quelle stesse persone continuavano a progredire nella loro sâdhanâ.

C’è anche la testimonianza di Vijayânanda, quel Francese che ha passato trent’anni vicino a Lei.

Mi rendo conto in questo istante, che ho scritto tutto di continuo su Mâ, mentre di solito divido i capitoli in parti. Può darsi che a Mâ non piaccia essere divisa in parti poiché era identificata all’Unità…Quando uno s’immerge nella vita e nel pensiero di Mâ, si accorge che è un mondo. E’ uno studio senza dubbio formatore quando uno ci si sente attratto. In ogni modo, anche se non è più nel suo corpo e che la vita ci porta a conoscere altri maestri spirituali, questo studio ci darà la preparazione indispensabile per approfittare realmente del loro insegnamento.