Come gestire il pluralismo

L’occidente spirituale e religioso attuale visto dall’India

(‘L’Inde Intérieure’  p. 363 – 366)

(Come l’abbiamo visto con alcuni dettagli in questo libro), l’India ha una reale esperienza del pluralismo. E’ detto nelle Veda : « Lui è Uno, la gente lo chiama molteplice ».  L’induismo è un mosaico di movimenti religiosi, con una base comune però : l’Uno delle Upanishad.

Quando dall’India si guarda l’Occidente spirituale e religioso attuale, se ne trae un’impressione piuttosto ambivalente : si discernano grandi potenzialità, delle qualità e dei difetti. Non è che l’Occidente attuale non sia religioso. Lo è. Però lo è in un modo decisamente diverso di prima. Da questo punto di vista stiamo vivendo una vera rivoluzione che potrebbe essere paragonata a quella del quinto secolo avanti Cristo, dopo l’apparire di nuove vie spirituali che hanno influenzato tutta l’umanità, come il confucianesimo, il taoismo, le Upanishad, il zoroastrismo e la filosofia greca. 

La molteplicità delle vie spirituali possibili oggi giorno in Francia equivale in realtà a un nuovo politeismo, anche se non c’è il culto delle statue che tradizionalmente si associa a questa forma religiosa e come lo praticano oggi ancora più di ottocento millioni di Indù. Si potrebbe parlare di un secondo Rinascimento che è, a parer mio, più forte del primo. Infatti il ‘primo’ Rinascimento è avvenuto con un ritorno al politeismo greco-latino, però si trattava di una riscoperta sopratutto libresca ed è stata rapidamente, e in gran parte, soffocata dalla Riforma e la Contro-Riforma. Queste rappresentavano, ognuna nel suo genere, una ricaduta nel fondamentalismo. Il Rinascimento attuale, invece, offre la possibilità di un legame diretto e vivo con le grandi tradizioni non monoteiste e cioè, per esempio, l’induismo e il buddismo che sono strettamente associati. Ciò conferisce a questo movimento molta più forza in sé, il che gli permetterà di non offrire presa ai tentativi di riforme e contro-riforme fondamentalisti cristiane. Certo, bisogna aggiungere che la sua importanza cresce anche proporzionalmente al crollo ‘naturale’ che vivono le Chiese d’Europa per via delle loro problematiche interne. Infatti non si può dire che queste chiese siano l’oggetto di una rivoluzione violenta, come è stato il caso in Francia dopo il 1789 (mille settecento ottantanove) e in Russia, dopo il 1917 (mille novecento diciasette).

Adesso cercheremo di definire una ipotesi comune minima di lavoro per la mente religiosa e spirituale occidentale alla nostra epoca. Dopodiché esamineremo i diversi problemi

posti dall’instabilità dei cercatori nelle loro scelte spirituali, la questione della finzione rispetto alla realtà nel campo della ricerca mistica e, per finire, la responsabiltà della trasmissione.

            L’ipotesi comune minima

            Vivekananda ha dato un impulso certo all’idea di una base comune a tutte le religioni al Parlamento di Chicago nel 1893 (mille ottocento novantatre). Cominciamo con una citazione sua che evoca la visione dell’Oriente e dell’ Occidente : « La libertà è la prima condizione della crescita. I vostri antenati (si rivolge agli Indiani ) hanno dato ogni libertà all’anima, e la religione si è sviluppata. Hanno imposto ogni tipo di restrizioni al mondo del corpo, e la società non si è sviluppata. In Occidente, è l’opposto : ogni libertà per la società, nessuna per la religione. Adesso cadono le catene dai piedi della società d’Oriente come cadono quelle che legano la religione in Occidente… » Possiamo dire che la profezia di Vivekananda di un secolo fa, si sta realizzando. Sri Aurobindo, che è stato educato in Inghilterra dove si è laureato brillantemente in una delle migliori università del paese, affermava con forza nel 1930 (mille novecento trenta) – una ventina d’anni dopo essere entrato in ritiro spirituale a Pondichery : « Il concetto del Divino come un potere esteriore onnipotente che ha creato il mondo e lo governa da monarca assoluto e arbitrario (concetto cristiano e semitico ) non è mai stata la mia idea. Contraddisce troppo ciò che ho vissuto e sperimentato durante trent’anni di sâdhanâ. E’ contro questo concetto que l’obiezione dell’ateismo è stata orientata, poiché l’ateismo in Europa è stato una reazione superficiale e piuttosto infantile contro un ‘religionismo’ essoterico ugualmente superficiale e infantile con le sue nozioni popolari grossolanamente dogmatiche e inadeguate. »

Passiamo adesso la parola ad Aldous Huxley che presenta in modo chiaro un’ipotesi di lavoro minimo con la quale un numero sempre più crescente di contemporanei è d’accordo :

Per quelli che non sono membri di una chiesa organizzata in maniera ‘congenitale’, che hanno trovato che l’umanismo e il culto della natura non sono sufficienti, e che non si accontentano di rimanere nelle tenebre dell’ ignoranza, le immondizie del vizio e quelle altre immondizie della rispettabilità, si può considerare che l’ipotesi minima di lavoro potrebbe essere la seguente :

-         C’è un fondo, un Brahmano, una chiara luce della vacuità, che rappresenta il principio non manifestato dietro a tutte le manifestazioni.

-         Questo fondo è insieme trascendente e immanente.

-         Che è anche possibile per gli esseri umani : amare, conoscere e diventare effettivamente identici con questo fondo divino, mentre all’inizio lo si era solo virtualmente.

-         Che realizzare questa conoscenza unitiva del Divino è lo scopo finale dell’esistenza.

-         Che c’è una legge o Dharma alla quale si deve ubbidire, un Tao o Via che si deve seguire, se gli esseri umani vogliono avere una possibilità di riuscire a raggiungere la loro meta finale.

-         Che più c’è il sé-ego, meno c’è il Divino ; e che, dunque, il Tao è una via di umiltà e di amore ; il Dharma, una legge vivente del distacco che trascende il piccolo sé.

Così, possiamo dire che ciò che propone Aldous Huxley come ipotesi minima di lavoro è una non-dualità lato sensu.

Come gestire il pluralismo

(‘L’Inde Intérieure’ p. 372 – 373)

Dio esteriore, Divino interiore

            Stanislas Breton ha tentato di mostrare che la logica totalitaria, nel monoteismo, non proviene dall’affermazione dell’Uno, ma dal fatto che lo si riduca all’Unico. Questa riduzione ha, secondo lui, non soltanto mutilato Dio (oggettivandolo e reificandolo), ma ha anche chiuso la porta ad un autentico dialogo inter-religioso.

Frédéric Lenoir osserva, concludendo la parte del suo libro sul ‘re-incantamento’ del mondo : « Il soggetto religioso nell’era moderna, quello  in particolare che intende reincantare il mondo, non si colloca nella continuazione meccanica dell’uomo religioso medievale né di quello antico. E’ una delle cristallizzazioni del Soggetto moderno stesso, e ciò perché è soggetto ». Non vorrei cadere nell’inclusivismo, però il ritorno fondamentale al soggetto come essenza stessa del processo religioso, è esattamente ciò che hanno messo in avanti venticinque secoli fa le Upanishad e, in seguito, il Vedanta. Che la profondità del soggetto moderno sia offuscata, turbata dalle rimanenze del suo ego, le sue paure, i suoi desideri, questo è un’altra faccenda. Ma si può almeno vedere che questi due movimenti sono intrinsecamente gli stessi. E’ detto in un’Upanishad :

                        Quello tramite il quale si vede senza vederlo, quello tramite il quale, si dice,                    la visione è vista, è quello, in verità, Brahmano, e non quello che la gente                   adora.            

Quello tramite il quale si pensa senza pensarlo (manas) quello tramite il quale      si dice, i pensieri sono pensati, è quello, in verità, Brahmano, e non quello    che la gente adora. (Kena Upanishad 1-4)

            In sanscritto, non ci sono maiuscole. Dunque quando si parla dell’âtman, si deve capire dal contesto se si tratta del sé (minuscolo) o del Sé (maiuscolo). In realtà c’è una transizione continua, come i colori dell’arcobaleno, tra i due poli opposti, e il creatore spirituale passa progressivamente dal primo al secondo. Non sa dire chiaramente se sta ancora nella minuscola o di già nella maiuscola.

            Il passaggio dal Dio personale verso il Divino impersonale è importante anche, nella misura in cui è la compatibilità con la scienza che è in giuoco : Einstein stesso diceva chiaramente che se le religioni riuscissero ad andare al di là del Dio personale, verso una Realtà fondamentale, non avrebbero più motivo di intrattenere litigi con la scienza. La cosa risulta molto più facile per il buddismo e le dottrine non duali, avendo già fatto questo lavoro considerato di ‘purificazione’.

            In Occidente ci si domanda se tutto non crollerà, morale e contratto sociale, se si va al di là del Dio personale. Hippolyte Simon, vescovo di Clermont-Ferrand, afferma la sua ansietà : « Non c’è mezzo termine : se la maggioranza dei Francesi non appartiene più al monoteismo, appartiene ad una forma di paganesimo. » A suo tempo Dostoïevski diceva : « Se Dio non esiste allora tutto è concesso. » Quando si conosce l’India, questi terrori fanno sorridere. Per esempio, senza neanche contare il buddismo, l’insieme della filosofia indù è suddivisa in sei scuole, nessuna delle quali è basata sulla credenza in un Dio personale. Eppure, si tratta di filosofie eminentemente spirituali. E’ interessante rilevare questo paradosso tra il pensiero filosofico e la pratica dell’induismo comune, pratica centrata sulla nozione di Dio personale.

Come gestire il pluralismo

(‘L’Inde Intérieure’ p. 383 – 385)

L’interesse della stabilità in una via spirituale sta nel fatto che si è meno coinvolti nelle dispute fra gruppi e scuole. Queste querelle sono il rischio del pluralismo, è bene dunque, saperle prevenire. Swâmî Râmatîrtha aveva dato questo consiglio ad una donna americana – discepolo suo – che doveva prendere la nave per andare a vivere a lungo in India: « Non ti preoccupare delle liti di scuole e di sette. Centrati direttamente sull’unità sottostante. » Questo era nel 1906 (mille novecento sei), tre anni prima della propria morte all’età di trentatre anni, nell’Himalaya. Gandhi diceva : « Gli insegnamenti di Swâmî Râma meritano di essere largamente conosciuti. Era una delle più grandi anime, non solo in India ma anche nel mondo intero. Adoro i suoi ideali. »

            Un passaggio verso l’India

            Lo stesso Râmatîrtha ha scritto a questa donna-discepolo una poesia, Passage to India, ‘La traversata verso l’india’. Sono felice di tradurne qualche strofa per concludere quest’opera su L’India interiore. D’altronde tîrtha significa ‘traversata, guado per andare sull’altra sponda’. Dopo tante riflessioni profonde, lasciamo il posto alla poesia mistica affinché risuoni questo silenzio che è come un mare nel quale il fiume di questo libro è sul punto di sboccare :

Traversata verso l’India !

                        Oh, non possiamo attendere oltre !

                        Imbarchiamo anche noi, oh anima mia!

                        Verso di te ci lanciamo anche sui mari

                        dove i sentieri scompaiono !

                        Senza timore delle ignote sponde, sulle onde dell’estasi

                        da fendere col veliero, nel soffio della brezza

                        Vogando liberamente – cantando il nostro canto di Dio !

                        Cantando il nostro canto dell’Om gioioso e appagante !

                        Traversata verso l’India !

                        Solcando i mari, camminando nella notte sulle colline

                        I pensieri, i pensieri silenziosi del Tempo e dello Spazio,

                        della Morte,

                        Sono come acque che scorrono

                        E nel reale mi portano come in regioni infinite

                        Di cui respiro l’aria.

                        Bagnami in Te, oh Dio, salendo verso di Te

                        Io e la mia anima affinché io possa dividere la Tua prossimità…

                        Traversata verso Madre India

                        Oh, segreti della terra e del cielo !

                        E i vostri, oh voi acque del mare !

                        Le linee sinuose delle insenature e il Gange !

                        E i vostri, campi e foreste ! E il tuo, oh potente Himalaya

                        E il tuo, aurora rosseggiante ! Oh nubi ! Oh pioggia e neve

                        Oh giorno e notte, traversata verso di voi!

                        Oh sole, e voi, tutte le stelle, Sirio e Giove

                        Traversata verso di voi !

                        La traversata, la traversata immediata !

                        Il sangue scotta le mie vene

                        Via anima mia, leva l’ancora nell’istante

                        Mozza gli ormeggi, avvia l’imbarcazione

                        Lascia che si spieghino d’un sol colpo le vele.

                        Tanto tempo siamo rimasti qui

                        Come alberi aggrappati al suolo !

                        Issa le vele, fai rotta verso l’alto mare

                        Poiché abbiamo scelto come meta questo luogo

                        Dove I marinai ancora non hanno osato approdare

                        Rischieremo la nostra nave, noi stessi e la nostra fortuna.

                        Oh, anima mia piena di bravura !

                        Oh, padre, padre, parti in alto mare !

                        Oh, gioia audace e assicurata

                        Oh, padre, padre, parti in alto mare

                        Verso la tua reale Dimora.